Il lavoratore – se non vuole ricorrere al giudice del lavoro – può impugnare la sanzione disciplinare conservativa innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato, da costituire presso la Direzione provinciale del lavoro, ovvero secondo le procedure eventualmente previste dai contratti collettivi (art. 7, co. 6 e 7, Stat. Lav.).
Infatti, l’art. 7, co.6, Stat. Lav., recita: “Salvo analoghe procedure previste dai contratti collettivi di lavoro e ferma restando la facoltà di adire l’autorità giudiziaria, il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto, di accordo, nominato dal direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del Collegio”.
L’arbitrato previsto dall’art. 7 Stat. Lav. non si applica al licenziamento visto che la giurisprudenza ha esteso al licenziamento soltanto la tutela procedimentale dei commi 1, 2 e 3 e non i commi 6 e 7 dell’art. 7 Stat. lav. (Corte Cost. 29 novembre 1982, n. 204), salvo che sia diversamente previsto dai contratti collettivi.
Nell’ipotesi in cui il lavoratore, al quale sia stata irrogata una sanzione disciplinare conservativa, relativamente a cui è possibile vedere questa guida sulle sanzioni disciplinari su Guidelavoro.net, richieda la costituzione di un collegio di conciliazione ed arbitrato ex art. 7, co. 6, Stat. lav., la sanzione rimane sospesa sempre che il datore di lavoro non l’abbia già applicata. Una volta che il lavoratore ha adito il collegio arbitrale, la sanzione resta sospesa, anche se il datore di lavoro non accetta l’arbitrato e si rivolge al giudice del lavoro, sino alla definizione del giudizio (art. 7 Stat. Lav., co. 7).
Inoltre, la sanzione perde definitivamente efficacia se il datore di lavoro non provvede, entro 10 giorni dall’invito da parte dell’Ufficio provinciale del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio (art. 7 St. Lav., co. 7); oppure, non deposita, nello stesso termine, il ricorso nella cancelleria del Tribunale, chiedendo l’accertamento della legittimità della sanzione conservativa.
Peraltro, spetta al lavoratore, che eccepisca l’avvenuta estinzione della sanzione, l’onere di provare l’avvenuta scadenza del termine suddetto.
Revoca del collegio da parte del lavoratore.
La manifestazione di volontà del lavoratore di adire il collegio arbitrale può essere revocata (e l’esperibilità dell’azione giudiziaria non risulta preclusa) fino a quando non sia completato, con l’accettazione per iscritto dell’incarico da parte di tutti gli arbitri, il procedimento previsto dalla legge per la costituzione del collegio, ancorché in mancanza di tale accettazione sia intervenuta la convocazione del collegio arbitrale.
Natura dell’arbitrato.
Qualora la sanzione disciplinare sia deferita al collegio di conciliazione e arbitrato, ex art. 7, co. 6, Stat. Lav., l’arbitrato in questione ha natura irrituale e l’impugnazione del relativo lodo arbitrale è soggetta alle disposizioni e termini di cui all’art. 412 quater cod. proc. civ.
Tale norma, nel nuovo testo modificato dalla L. n. 183/2010, prevede l’impugnativa del lodo soltanto per i motivi stabiliti dall’art. 808-ter cod. proc. civ., con ricorso al Tribunale del lavoro in unico grado.
Il datore di lavoro. Il datore di lavoro, che riceva dalla Direzione provinciale I’invito a nominare il proprio arbitro, qualora effettui la nomina, accetta la procedura arbitrale.
Se invece rifiuta la procedura arbitrale, il datore di lavoro, entro 10 giorni dalla ricezione del predetto invito da parte dell’Ufficio del lavoro, non si potrà limitare a richiedere la conciliazione (ormai facoltativa), ma dovrà depositare il ricorso nella cancelleria del Tribunale. Come detto, se scade il termine di 10 giorni, la sanzione disciplinare diventa inefficace.
Sempre in sede arbitrale, il lavoratore che intende impugnare la sanzione conservativa si può avvalere di una delle quattro ipotesi disciplinate dal c.d. “Collegato lavoro” (L. 4 novembre 2010, n. 183), ovvero: l’arbitrato amministrativo, che si innesta durante la procedura di conciliazione (art. 412 c.p.c.); l’arbitrato ordinario (art. 412 quater c.p.c.); l’arbitrato sindacale, disciplinato dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative (art. 412 ter c.p.c.); l’arbitrato presso le Camere arbitrali delle commissioni di certificazione (art. 31, co. 12, L. n. 183/10).
In tutte queste ipotesi, non si applica il termine di decadenza di 20 giorni per proporre l’arbitrato, previsto dall’art. 7 St. Lav., ma il ricorso all’arbitrato non determina l’effetto della sospensione della sanzione conservativa.
Anche in tali casi, il lodo che conclude la procedura arbitrale ha efficacia negoziale, sicché ha “forza di legge tra le parti” (art. 1372 cod.civ.) e può essere impugnato innanzi al giudice del lavoro di primo grado per tutte le ragioni previste dall’art. 808 ter cod.proc.civ. che disciplina i motivi di gravame del lodo nell’arbitrato irrituale.